Thank you Paolo Picciati for translating my article Ten Things I’ve Learned about Catholic Music.
LE DIECI COSE IMPORTANTI CHE HO IMPARATO SULLA MUSICA SACRA
Dieci anni fa non sapevo quasi nulla sulla musica cattolica. Capivo che c’era qualcosa di storto in ciò che veniva suonato in parrocchia. In un certo senso sapevo che la soluzione al problema era da ricercare nella nostra storia e nella nostra tradizione, e si trovava da qualche parte, in qualche libro polveroso, e che la risposta aveva sicuramente a che fare con la pratica precedente al Concilio. La mia intuizione dipendeva dalla constatazione che il Concilio Vaticano II è stato un grosso cambiamento, e le persone più vecchie mi rafforzavano in quest’idea con le loro storie di vita attraverso quei tempi turbolenti.
Oltre a questo, non sapevo nulla.
Ciò che segue sono le dieci cose principali che ho appreso durante dieci anni di letture, canto, ascolto e ricerca. Le espongo all’incirca nell’ordine in cui le ho scoperte per me stesso e lavorando assieme ad altri che mi hanno indirizzato nella giusta direzione. La cosa importante non è solo condividere un insegnamento con i lettori, ma riconoscere l’esistenza di una profonda e diffusa ignoranza per ciò che riguarda la musica cattolica – e lo so perché fino a non molto tempo fa ero immerso nella stessa profonda ignoranza. Non c’è da vergognarsi. Riconoscerlo è il primo gradino da fare.
Anche studiando tutta la vita potremmo non conoscere tutto ciò che è necessario sapere, e ciò è particolarmente vero per quanto riguarda la tradizione. Questo rende la musica cattolica particolarmente stimolante. C’è sempre del nuovo da scoprire, sempre dell’altro da fare. Se incontrate uno che dice di sapere tutto, potete stare certi che si tratta di un millantatore. Siamo tutti dentro un processo di scoperta.
Questo è il mio breve resoconto dei punti più importanti che ho appreso in un processo durato dieci anni.
1 – Il rito romano è inseparabile dalla musica. La scoperta è venuta quando ho visto il messale gregoriano, che è una versione ridotta in lingua inglese dei canti per la domenica e le feste tratta dal Graduale Romano, che a sua volta è la musica del rito romano. Ho poi scoperto che questo libro non solo era vecchio, per quanto sia effettivamente antico, ma anche nuovo, la cui ultima edizione è del 1974. apposta per ciò che è noto come forma ordinaria del rito romano. E’ stata una rivelazione stupefacente. Significa che la Chiesa ha provveduto. La fatica di trovare ogni settimana la musica giusta non è un compito nostro. Allo stesso modo in cui ci sono dati i libri della Bibbia, come solida dottrina e insegnamento morale, anche la musica ci viene offerta già nella forma perfetta per ogni esigenza liturgica. Il nostro compito principale è di studiarla e acquisire l’abilità di renderla in modo appropriato.
2 – Ciò che chiamiamo inni (cioè le canzoni da chiesa), non sono la principale musica rituale del rito romano. Gli inni hanno un ruolo importante nel canto dell’ufficio divino, ma non sono parte della Messa. Quando si trovano nella Messa, hanno piuttosto la forma di tropi medievali, testi con musica sviluppati su un tema. Nella Messa c’è posto per gli inni in particolari occasioni, ma non devono sostituire la vera musica della Messa, tranne che in casi veramente eccezionali. In generale, a parità di condizioni, tutti i canti del Proprio del rituale vanno cantati. E’ un grande sollievo perché non mi è mai piaciuta la guerra per la scelta dell’inno. Crea inutili divisioni ed è estremamente soggettiva. E’ meglio evitare il problema e cantare la Messa stessa.
3 – La struttura musicale del rito romano è chiara e stabile. La parte maggiore dell’assemblea è il canto dell’ordinario: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus. I fedeli e la schola cantano i dialoghi con il sacerdote: saluto, acclamazioni e simili. Il principale compito della schola è di guidare o di eseguire per conto proprio le parti proprie della Messa: introito, salmo, alleluia, offertorio e comunione. Poi ci sono le eventuali sequenze. Finché non abbiamo questo schema in mente ci sarà caos e confusione.
4 – La nostalgia può essere fuorviante. Il passato preconciliare non offre molto se visto come modello da restaurare. Uno sguardo approfondito mostra che le parti proprie di una Messa solenne erano cantate solo nei toni del salmo, ma la gran parte dei fedeli aveva esperienza della Messa bassa con quattro inni – proprio come oggi. In sostanza molti problemi attuali della musica sacra sono un’eredità della pratica preconciliare. Loro avevano i loro canti parrocchiali, noi i nostri, e la differenza è solo nello stile.
5 – Gli obiettivi del Vaticano II non sono sbagliati: Una lettura attenta della sua storia mostra che i padri conciliari cercarono di risolvere il problema degli inni in lingua vernacolare della Messa e desideravano cambiare alcuni aspetti della liturgia nella speranza di arrivare ad una Messa integralmente cantata con il gregoriano nel posto che gli spetta. Gli errori fatti in seguito hanno creato un danno che non ci si immaginava prima del Concilio.
6 – Non c’è bisogno di un grande coro per fare la musica giusta. Mottetti e grandiose messe polifoniche sono bellissime, ma non essenziali. La Chiesa ci ha dato 18 forme di Messa cantata da scegliere e tutte possono essere guidate da pochi o addirittura un solo corista. Un coro grande è un’ottima cosa, ma non è necessario per un programma musicale parrocchiale di qualità. Inoltre, è più facile trovare nuovi cantanti se la struttura è già in piedi con delle sicurezza e certezze sugli obiettivi raggiunti.
7 – L’accompagnamento non è necessario. La musica del rito romano è il canto. Organo, piano e chitarra non sostengono il canto, anzi possono coprirlo.
8 – Una buona struttura di base è più importante di un vasto repertorio. Ogni parrocchia ha bisogno di uno schema musicale di base a cui affidarsi in ogni Messa, così da non dipendere da un singolo organista o un “animatore” o dalla presenza di numerosi cantanti con un vasto repertorio. Se fatto bene, canti semplici dall’inizio alla fine, assieme alla bellezza del silenzio, raggiungono l’obiettivo.
9 – Non accusare i musicisti per la cattiva musica della Messa. I musicisti usano ciò che hanno a disposizione e non è molto, e perlopiù è stato composto con scarsissima comprensione della struttura del rito. Il problema persiste fino ad oggi.
10 – I cambiamenti non derivano da editti. Per quanto noi possiamo sognare un papa o un prete che imponga a tutti la musica appropriata, non è così che i cambiamenti avvengono. I cambiamenti vengono grazie alla pazienza, allo studio, all’insegnamento, alla riflessione, alla preghiera e all’impegno costante con lo spirito giusto.
Queste sono le mie dieci lezioni. Io non dubito che nei prossimi dieci anni continueremo a vedere i frutti non solo nel cantare meglio, ma nell’imparare sempre più la teoria e la pratica della musica nel rito romano.